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Ma non era ancora tutto..!

Al giovedì mattina seguente avevo un’ora libera e mi sono detta “Potrei andare a fare la spesa adesso! Ce n’è bisogno! Anziché aspettare sabato, vado oggi.”

Sapevo che sarebbe successo qualcosa.

E decido di andare. Dunque giovedì mattina esco e quando entro nel negozio la titolare mi vede ed esclama “Cristina, che cosa fai qui di giovedì?!” e io “La spesa.” Questa volta è lei che è rimasta un istante senza parole. E’ stato così liberatorio il fatto di rispondere semplicemente alla sua domanda.

La risposta alla domanda è “la spesa”.

Notate la domanda “Che cosa fai qui di giovedì mattina?”. In questa domanda c’è un’insinuazione.
Domandare “Che cosa fai qui..” non ha senso. E’ evidente che lei sa cosa sto facendo lì in quel momento. Sono in un negozio, col cestino sul braccio e ci sto mettendo dentro i prodotti… è evidente che sto facendo la spesa. Qui lei non dice quello che pensa veramente.

Il Problema

Il “problema” è il giovedì mattina! Lei mi deve far notare che sto facendo la spesa in un momento che non è quello solito, quello adeguato, quello canonico. Mi fa notare che sto facendo qualcosa fuori tempo: l’altra volta ero in ritardo, stavolta sono in anticipo. Questo è quello che mi sta dicendo veramente.

Dal momento che il quando io faccio la spesa non la pregiudica in nessun modo (per lei è indifferente che io vada in negozio al sabato o al giovedì), il fatto che lei senta il bisogno di farmi questa osservazione mi indica a colpo sicuro che il mio comportamento la riguarda in qualche modo. Sta proiettando su di me qualcosa che la riguarda.

C’è un preconcetto rispetto al “tempo”, al “momento” al “quando” fare le cose. Come se ci fosse un momento giusto per fare una certa cosa. Ma giusto per chi? Per che cosa? Ritorniamo al discorso sulle credenze che abbiamo fatto nella prima parte. Di fatto il momento giusto c’è, ma deve essere il momento giusto per me.

Grazie alla presa di consapevolezza dei giorni scorsi, il mio sguardo è un po’ più libero dai preconcetti e dalle credenze. Non è più così strano né così sbagliato quello che sto facendo. Questo mi permette di non interpretare più la domanda della negoziante.

Se la domanda rimane “pulita” anche la risposta è “pulita”. “Che cosa fai qui oggi che è giovedì?” “La spesa”. Se non avessi osservato la situazione e non avessi seguito questo processo, mi sarei nuovamente sentita in difetto, fuori posto, “fuori tempo”.

Libera di decidere…

Osservare la situazione senza preconcetti (“Oggi, giovedì, c’è bisogno di fare la spesa. Ho un’ora di tempo libero. Andare ora anziché domani non pregiudica le altre attività della giornata “) mi ha permesso di sentirmi libera di decidere secondo il mio criterio, perché ho trovato un criterio sensato, concreto, realistico dentro di me (vado a fare la spesa quando serve e quando ho tempo) e così non ho più bisogno di credere che vado a fare la spesa al sabato “perché è meglio” quando poi non so spiegare meglio per cosa o per chi.

Dunque ho preso la mia decisione seguendo il mio criterio e mi sono sentita bene con questa decisione. Decido io con la mia testa e con il mio criterio quello che è meglio per me.

Io sono esattamente nel posto in cui io ritengo di stare, nel momento in cui ritengo di starci.

Questo è il momento giusto, per me!
Questo è il posto in cui io ritengo di stare in questo momento.

La frase dell’altro mi cattura nel momento in cui anch’io condivido quello che l’altro sta dicendo.
Così, quando io non la penso più a quel modo, posso sostenere la sua domanda e reagirvi in un modo totalmente diverso. A me non riguarda più. E’ il suo pensiero, non è più il mio.