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"Guidare le persone a rispondere alla domanda: Che cosa ho bisogno di imparare da questa situazione?"

Per trovare la risposta a questa domanda abbiamo bisogno di iniziare a guardare agli eventi della vita, grandi o piccoli che siano, con una consapevolezza diversa.
Abbiamo bisogno di iniziare a renderci conto che “io e il mondo che mi circonda” siamo un tutt’uno, uniti e interconnessi. Io sono parte del mondo e il mondo è parte di me, in continua comunicazione.

Per la nostra mente inconscia il “fuori” non esiste: tutto è “dentro”. Il mondo fuori è soltanto lo specchio del mondo dentro di me.Se guardiamo alla realtà da questa prospettiva non ha più alcun senso pensare che ciò che mi accade è dovuto al caso, o alla sfortuna, o alla cattiveria del mondo.

Se questa cosa sta accadendo a me, proprio ora, in questo momento e in queste circostanze deve centrare con me, deve avere un significato per me.
E soprattutto, la cosa più importante, deve contenere un apprendimento per me. E’ un forte richiamo alla nostra responsabilità personale.

“Noi non vediamo le cose per come sono; vediamo le cose per come siamo” — (Libro del Talmud)

A partire dalla prima infanzia impariamo a vedere il mondo in un modo piuttosto che in un altro. La famiglia, i genitori, la scuola, la comunità in cui cresciamo ci trasmettono continuamente e ininterrottamente idee, insegnamenti, valori, atteggiamenti, credenze, giudizi su tutto ciò che ci circonda.
Impariamo che c’è un modo “giusto” e un modo “sbagliato”. E impariamo a prendere posizione, nella convinzione che io e l’altro siamo separati. Io ho ragione, tu hai torto. Io sono nel giusto, tu sei in errore. Io sono buono, tu sei cattivo.
In realtà, siamo sempre e soltanto di fronte a noi stessi.

Ciò che sembra essere il nostro opposto, è in realtà il nostro complementare.
Le avversità della vita vengono a insegnarci che abbiamo bisogno di riconciliarci con ciò che ci è complementare e che noi giudichiamo. Poiché, per essere persone complete e sane, abbiamo bisogno di entrambe le polarità.

“Preferisco essere una persona completa, piuttosto che una persona buona” — (C.G. Jung)

Questo è ciò che ci viene a segnalare un malessere, un’ansietà, un fastidio, una situazione che si ripete in continuazione, un sintomo fisico.
Non sono in armonia, non vivo in coerenza con me stesso/a.
Ovvero: penso una cosa, ne sento un’altra, ne faccio un’altra ancora.

Prendere consapevolezza che le nostre scelte e i nostri comportamenti sono determinati da ciò che pensiamo sia giusto o sbagliato, ovvero dai nostri giudizi, è il primo passo verso l’ascolto e la riscoperta di noi stessi, di chi siamo veramente, con rispetto e senso di responsabilità.