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Mentre stavo pensando a quale sassolino mi sarei voluta togliere dalla scarpa, stavolta, mi è venuto in mente un vecchio episodio, risalente a diversi anni fa.
Si tratta di un sassolino che ho già analizzato in passato ma che, ciò nonostante, ha mantenuto ancora un po’ di carica… capisco che, evidentemente, non sono arrivata al punto critico, al punto dolente, quello che, se ci arrivi poi svolti e lasci andare…

Dunque, decido di riprovarci. Si tratta di questo:

Sono ospite a casa di un’amica per il fine settimana.
E’ un po’ che non ci vediamo e ci organizziamo per passare un paio di giorni insieme.
Al sabato decidiamo di pranzare a casa insieme alla sua famiglia.
E’ previsto che una coppia di amici, che anch’io conosco anche se non benissimo, passino per un saluto e per il caffè.
Così è.
Siamo tutti accomodati attorno al tavolo, chiacchierando del più e del meno.
Ci sono io a capotavola, di fronte a me all’altro capo il marito della mia amica e, accanto a lui c’è l’amica della mia amica.
E poi ci sono gli altri, tutti uomini (mariti, figli, suocero)…
Siamo dunque a fine pranzo e la mia amica si alza, va verso il banco della cucina (che è lì accanto) e inizia a preparare il caffè e a organizzare i piatti per il dolce.
Quando vedo che ha tutto impostato (il caffè è pronto, le fette di dolce sono nei piattini) e si tratta di portare tutto in tavola io le dico “Ti serve una mano?”. Senza aspettare che mi risponda mi alzo e inizio a prendere i piatti con il dolce e a portarli in tavola.

Quando porgo il piatto all’altra amica, lei lo prende dalle mie mani e, guardando la mia amica (non me) le dice con un tono che a me sembra molto serio “Caspita… non sapevo avessi la cameriera!”. La mia amica fa una risatina, dice qualcosa come “Già… proprio così…”.

Io… non capisco… Parla sul serio o sta scherzando? Mi sta prendendo in giro? Ho fatto qualcosa che non va? Non mi sarei dovuta alzare… Ma perchè? Volevo solo dare una mano…
Inizio a temere di aver fatto qualcosa di sbagliato, ma al tempo stesso difendo il mio comportamento “Volevo solo aiutare!”.

Per esperienza so che, per sentirmi così toccata dal commento di questa donna, nel sarcasmo che io suppongo esserci nelle sue parole, ci deve essere qualcosa che, in realtà, mi riguarda e che condivido. Un po’ come se lei avesse messo il dito nella piaga.

Istintivamente io nego che ci sia una piaga “Non ho fatto niente che non va! Volevo solo dare una mano!”, ma per come mi sento turbata da una frase così minima, devo riconoscere che una piaga ci deve essere.

Comincio a mettere in discussione la mia verità.
Perchè so che quando, nonostante io mi dica convinta della mia verità, continuo a non sentirmi tranquilla, allora nella mia verità c’è qualcosa che non torna…

Inizio il mio lavoro da detective!

Così comincio a domandarmi: “E se non avessi voluto soltanto dare una mano? E se avessi avuto un secondo fine? Se avessi davvero fatto qualcosa che non va?”.

Immediatamente una vocina mi dice “Hai voluto metterti in mostra! Volevi farti vedere! Volevi fare quella che aiuta!”.
Istintivamente sento che è vero.
Ho voluto fare quella che aiuta, non aiutare davvero. Ho voluto fare la parte di quella che aiuta, non l’ho sentito venire dal cuore.

Questo lo comprovo perchè nel momento in cui l’altra amica dice quella frase io provo un senso di umiliazione.
In quell’istante, quello che mi impatta di più è che lei non mi guarda mentre parla. Guarda la mia amica. Inoltre non si rivolge a me direttamente nemmeno con una parola. Dice “Non sapevo avessi la cameriera..!”. Non dice, ad esempio “Non sapevo che Cristina fosse la tua cameriera!”.

In quell’istante io provo confusione e una specie di leggera vertigine (poichè la mia “testa” non capisce cosa sta succedendo): parla di me? Chi è la cameriera? Sta parlando seriamente o sta scherzando?
A mente lucida, ora che osservo da distante, è evidente che sta parlando di me: le sto porgendo il piatto con il dolce mentre lei è seduta a tavola, mi sto comportando da cameriera.

Però quando lei dice “Hai la cameriera..” una parte di me va in tilt e dice “Chi, io?! Una cameriera?!” e si sente umiliata.

Dunque, non è vero che voglio solo aiutare. Non è vero che voglio servire.
Davvero, voglio mettermi in mostra e fare quella che, unica fra tutti, si alza e mostra agli altri come ci si comporta.

Altro che essere d’aiuto e servizievole. Qui c’è tutta la mia superbia. E quando offriamo superbia, la vita ci restituisce umilizione.

A questo punto mi pongo una seconda domando: che cosa porgo io a questa donna insieme al piatto del dolce? Ma questo lo vedremo nella seconda parte. A presto!