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“Bisogna saper perdere…. Non sempre si può vincere!” recitava una canzone degli anni ’60.

Mentre scrivo siamo a inizio gennaio, il periodo dell’anno in cui più di ogni altro si fanno buoni propositi.
Un mio buon proposito per quest’anno è: imparare a perdere.
Magari vi sembrerà un buon proposito un po’ strano… adesso vi racconto come ci sono arrivata.

Quando ci sono periodi di festa (come questo appena trascorso) ci sono più occasioni di stare in casa in compagnia di amici e familiari e un modo abbastanza comune di passare il tempo è quello di intrattenersi con un gioco da tavolo.
Non sono una grande amante dei giochi da tavolo. Mi sforzo a pensare, a calcolare, a ricordare i passaggi precedenti, a escogitare tattiche e strategie… però di fatto mi annoio… Preferirei uscire, fare due passi, muovermi un po’…

E alla fine perdo, sempre.

Ma tant’è.

Ultimamente ho imparato un nuovo gioco a carte e, devo ammettere, mi ci sono appassionata abbastanza. Però, appunto, non sono una brava giocatrice: dimentico le regole, sbaglio a contare i punti, mi sfuggono delle carte che sono importanti, non vedo delle altre carte… il risultato è che alla fine perdo non solo perché l’altro giocatore è più bravo di me, ma proprio perché io gioco così male che lo faccio vincere.

Perdere mi rode un sacco. Ci rimango male, mi demoralizzo, mi irrito. Soprattutto se chi vince ostenta manifestazioni di gioia e esultanza.

Poi alcuni giorni fa è successa una cosa.
Alla fine di una serie di partite a carte, arrivati al punteggio prestabilito per definire la vittoria, io, ovviamente, ho perso.
Ero già in svantaggio dall’inizio (e stavolta neanche per la mia incapacità, ma per un colpo di fortuna vergognoso del mio avversario il quale, per il solo fatto di essersi ritrovato con una serie di carte in mano, si è visto assegnare ben dieci punti in un colpo solo).
Come li recuperi dieci punti?!
Lui ha gongolato un po’ (ma neanche tantissimo), io mi sentivo tutta abbattuta, umiliata e via di questo passo. Mi sentivo sfortunata, arrabbiata, pensavo che era un’ingiustizia, che piove sempre sul bagnato, e poi perché perdo sempre…

Mentre pensavo a tutto queste cose simpatiche, improvvisamente è arrivato un pensiero nuovo. Il pensiero che è arrivato è stato: mi succede perché ho bisogno di imparare a perdere.

E’ arrivato così. Una presa di consapevolezza netta, lucida, chiara.
E’ vero. Lo sento. Io ho assolutamente bisogno di imparare a perdere.

Ho assolutamente bisogno di imparare a perdere.

Con questa consapevolezza ho iniziato a osservare la faccenda con occhi diversi.
Ho osservato il mio avversario e mi sono accorta che lui, seppure contento e orgoglioso di vincere, non gioca per vincere.
Io sì. Io gioco PER vincere. Io VOGLIO vincere. Non voglio perdere.

MA, se io gioco PER vincere, allora non sto giocando.

Il termine “gioco” deriva dal latino iocum, “scherzo, facezia”.
Il gioco è divertimento, risa, intrattenimento. Senza conseguenze. Il gioco non è la realtà.

Io, invece, prendo il gioco sul serio e lo vivo come se fosse la realtà.
Questo lo deduco dall’intensità e dalla qualità dei miei sentimenti e dal fatto che, anche finito di giocare, io continuo a sentirmi una perdente.

Nel gioco i bambini giocano a: “Io faccio la mamma, tu fai il papà”, “Io faccio il dottore, tu fai il malato”. Giocando, fanno esperienza e sperimentano la realtà. Per i bambini il gioco è una cosa seria, nel senso che è estremamente importante per il loro sviluppo. Non è la realtà, ma è un esercizio per imparare a conoscere la realtà.

Io prendo il gioco sul serio, ma non nel senso che mi alleno per imparare qualcosa che ancora non so fare, ma per dimostrare a me stessa che valgo (o che non valgo).
Gli attribuisco un significato, un valore. Non gioco per imparare, ma per vincere, perché vincere significa che sono valida.

In questo modo perdo il vero valore del gioco, che è l’apprendimento, il fare esperienza.

Quanto di questo atteggiamento si riflette nella mia vita di tutti i giorni?
Diciamo… tutto..?!
Se ho paura di perdere nel gioco, perché penso che questo significhi che non valgo abbastanza, allora devo avere paura di non valere abbastanza come persona.

Sono colpita dal mio avversario, che vince nella misura in cui non sta giocando per vincere.
Non è il suo primo obiettivo.
E’ rilassato, gioca per divertirsi, per passare il tempo, per stare in buona compagnia… e poi anche per vincere, ma alla fine.

Questo è il paradosso.

Se vuoi vincere a tutti i costi è perché hai paura di perdere. Più hai paura di perdere, più cerchi di allontanare da te la sconfitta. Più cerchi di allontanare la sconfitta, più la sconfitta ti si ripresenta! Più vuoi vincere, più devi perdere.
Perché più lottiamo contro qualcosa, più la rinforziamo. Perché quel qualcosa non può essere eliminato. Se c’è, c’è per un motivo, ha un senso. Non è contro di noi. E’ per noi, a nostro favore. Non può e non deve essere eliminato, deve essere integrato e compreso. Com-preso. Preso con me.

La sconfitta mi si ripresenta perché ho bisogno di imparare a riconoscere il mio valore indipendentemente da tutto e da tutti.
Ho bisogno di smettere di credere che se riesco a fare la tal cosa allora valgo, se invece non ci riesco non valgo. Se raggiungo un risultato sono brava, se non lo raggiungo non sono brava.

Ho bisogno di smettere di pensare che io sono i miei obiettivi, i miei risultati, il mio lavoro, le cose che faccio… certo, tutti questi sono aspetti della mia vita, ma io, io sono molto altro e molto oltre.

Il valore di una persona, di ognuno di noi, non è misurabile, non è condizionato. E’ intrinseco.
La vittoria e la sconfitta, invece, sono rispetto agli altri.

Perdo nella misura in cui il mio avversario vince.

La parola vincere deriva dal latino e ha il significato di base di “combattere”.
In una gara o in una partita si gioca l’uno contro l’altro. Si punta al risultato, più che al processo. Quello che conta è il risultato finale.

Nella mia vita, quanto valore do al processo, alla vita che scorre nel modo in cui scorre e quanto ne do invece al risultato finale? Quanto voglio che le cose vadano a finire come io voglio che vadano a finire?

Il mio buon proposito è iniziare a guardare alla vita da un’altra prospettiva, che non è vincere/perdere ma vivere, fare esperienze, sperimentare, imparare, sbagliare, rifare, correggere, andare meglio, andare peggio, riprovarci, acquisire abilità, capacità.
Smettere di giocare pensando che devo vincere, ma concentrarmi piuttosto sull’imparare a giocare a carte così posso trascorrere una bella serata divertendomi!

Perché ho più bisogno di stare bene, ridere e divertirmi che di vincere!