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A volte mi domando: Perché é così difficile non fare ciò che non si ha voglia di fare?

Sì, avete letto bene: non fare ciò che non si ha voglia di fare.
Dunque finire col fare ciò che non si ha voglia di fare e, indirettamente, non fare ciò che si vorrebbe veramente fare.

Io credo che la risposta sia: perché pensiamo che “quella cosa” che non abbiamo voglia di fare sia giusta, che sia nostro dovere farla.

Ci viene insegnato che il dovere è sgradevole e che è normale che sia così.

“Non voglio! Non mi piace!” dice il bambino. E il genitore risponde “Sai quante cose devo fare io che non mi piacciono, eppure devo farle!”. Il bambino impara che è così che funziona, che questa è la normalità. Impara ad associare il senso del dovere con il non avere voglia. Quello che non voglio fare è quello che devo fare. Aderisce al messaggio dei genitori: tocca fare quello che non si ha voglia di fare.

Questo è il nostro dovere.

E, siccome il dovere è la cosa più importante ed è in antitesi con il piacere, se il dovere è giusto ed è la norma, il piacere sarà non giusto e non la norma.

Dunque non conta ciò di cui ho voglia, ma ciò di cui non ho voglia. L’accento cade sul negativo.

Per molte persone è davvero difficile disubbidire a questo mandato. Sanno, sentono che stanno andando contro sé stesse, ma non possono farne a meno. Difficile perseguire qualcosa che riteniamo ingiusto, sbagliato o strano… Ma siamo sicuri che questa associazione sia sempre valida?

Siamo sicuri che il dovere sia questo?

L’etimologia della parola dovere ci offre un importante spunto di riflessione.
Dovere, dal latino debere, composto di de da e habere avere, “avere qualcosa ottenuto da qualcuno”.

Nel dovere siamo in due: io devo qualcosa a te oppure tu devi qualcosa a me. L’uno deve qualcosa all’altro. Questo è il dovere che ci viene insegnato tutta la vita: ciò che noi dobbiamo agli altri o ciò che gli altri ci devono.

Ma nessuno ci parla mai del dovere verso noi stessi. Di quanto noi dobbiamo a noi stessi.

E noi abbiamo molti doveri nei nostri confronti, che la maggior parte delle volte disattendiamo perchè, per qualche ragione, quando il dovere verso di noi si scontra con il dovere verso gli altri, il dovere verso gli altri ha sempre la meglio!

Ma se non siamo in grado di dare a noi stessi ciò che ci dobbiamo, come possiamo dare agli altri ciò che gli dobbiamo? E quando diamo qualcosa a qualcuno, gli stiamo davvero dando qualcosa che noi gli dobbiamo? Siamo proprio noi che glielo dobbiamo?

Perchè forse è qualcosa che lui deve a sè stesso e siccome non compie il suo dovere, se lo aspetta da noi.

Quando un genitore si aspetta che un figlio vada a trovarlo tutti i giorni perchè è suo dovere, o un coniuge si aspetta che l’altro coniuge sia sempre disponibile ad ascoltare i suoi problemi lavorativi perché è giusto, l’attenzione che queste persone reclamano è proprio dal figlio o dal coniuge che deve arrivare?

Se il figlio deve andare dal genitore perchè il genitore si sente solo ma, nonostante ciò, non vuole uscire di casa e frequentare altre persone, di chi è la responsabilità della sua solitudine?
E se un coniuge ha problemi lavorativi di chi è la responsabilità di affrontarli?

Quando non facciamo il nostro dovere verso noi stessi

Quando non facciamo il nostro dovere verso noi stessi (farci carico della nostra solitudine e dei nostri problemi al lavoro, ad esempio) scarichiamo i nostri problemi sugli altri e ci aspettiamo che siano loro a risolverli. A questo punto siamo come quei bambini che finalmente riescono ad ottenere dal genitore di poter non fare quello che non hanno voglia di fare!

Però stavolta è controproducente nei nostri confronti, poiché ci mettiamo in una condizione di dipendenza e di necessità.

Se ognuno rispondesse per sè stesso e di sè stesso, quanto sarebbe diverso il mondo?
Se i nostri genitori avessero risposto di sè stessi, quanto sarebbe stata diversa la nostra vita?

Adesso tocca a noi essere genitori di noi stessi!

Rispondere di sè stessi non è non sbagliare mai, non commettere mai errori. E’ rispondere dei propri errori. Assumerne le conseguenze.
Questo fa, di una persona, una persona Adulta.
Questo merita l’onere e il rischio di una disubbidienza.