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Ho appuntamento dal parrucchiere alle 16 e non vedo l’ora!
Sono così elettrizzata che arrivo con un buon anticipo e faccio due passi in centro. Fa caldo e mi viene sete, così decido di prendermi una bottiglietta d’acqua.

Entro in un bar che è proprio a fianco del salone del parrucchiere.
Seduta ad un tavolino c’é una signora e il barista è in piedi accanto a lei. Stanno parlando tra di loro e sembrano conoscersi bene. Il barista rientra dietro il banco e mi chiede cosa desidero. “Vorrei una bottiglietta di acqua frizzante”. Lui prende una bottiglietta e la appoggia sul banco. “Quant’é?”. “Un euro e venti”. E subito dopo aggiunge “Signora, moneta per cortesia…”.

Io prendo il portafogli, apro lo scomparto con le monete, ma so già che non ho monete a sufficienza, ho qualcosa come quindici centesimi. Prendo una banconota da 20 euro (è il taglio più piccolo che ho) e porgendogliela gli dico “Mi spiace, non ho moneta…”.

Lui sbuffa e bofonchia qualcosa. Io mi agito un po’, riguardo nel portamonete, niente, non sono comparse monete nuove… apro bene il portamonete davanti a lui, quasi glielo mostro e gli ridico “Mi spiace… proprio non ne ho…”. Lui sbuffa ancora, davvero non è contento ma, a quel punto, afferra la banconota e va verso la cassa, che è distante qualche metro.

Per qualche motivo il gesto della sua mano mi colpisce (emotivamente). Lo guardo, con la banconota in mano, che sta prendendo i soldi dalla cassa per darmi il resto e qualcosa dentro di me fa un clic. Dal sentirmi dispiaciuta passo a sentirmi infastidita.
Stizzita, gli dico, con tono secco “Guardi, non importa, lasci stare, se non ha da darmi il resto lo capisco…”. Lui “No.. no… non c’è problema..”.
A quel punto la signora che era seduta al tavolino si alza e dice “Pago io l’acqua della signora” e mette i soldi sul banco. Io dico “Ma no signora! Ci mancherebbe!”. “Sì, sì, pago io!”, insiste lei.
Io, nuovamente verso il barista che è ancora lì che tira fuori il resto, una moneta alla volta “Davvero, lasci stare, non prendo l’acqua, non c’è problema…”. Lui continua “No, no, non si preoccupi..”.
Io però sono arrabbiata, me ne vorrei andare, rivorrei indietro i miei soldi, non voglio l’acqua da questo maleducato, che però adesso invece il resto lo sta tirando fuori e sembra che non ci sia più nessun problema…
La pressione dentro di me aumenta, in qualche modo deve uscire ed ecco che mi esce questa frase:

“Non è colpa mia…!”.

Lì, cambia il sipario, cambia l’atmosfera, l’energia e ancora non so che altro.
Cambia il tono del barista che diventa improvvisamente gentilissimo, con una voce quasi suadente. Cambia l’espressione del suo viso, che diventa sorridente. E con tutta la calma del mondo mi dice “Ma io non le ho mai detto che è colpa sua..”.
Da lì, inizia la mia disfatta.


“Non l’ha detto, però il suo tono lo diceva..”
“Quale tono? Non ho usato nessun tono… Ho detto solo che oggi tutti i clienti entrano con banconote da 20 euro”
“Altroché se ha usato un tono..”
“No signora, è lei che ha percepito un tono..”
“Certo che l’ho percepito”
“Bé, ha percepito sbagliato..”.

Lui sempre più calmo, io sempre più arrabbiata. Quando mi dice che io ho percepito sbagliato…!! A me, che ho fondato un sito che si chiama sapere percepire, a me viene a dire che io percepisco sbagliato!!!
Finalmente mi dà il resto, prendo l’acqua ed esco.

Arrivo dal parrucchiere con un magone… e mi dico “Ma cosa è successo? Come ho potuto impelagarmi così in una cosa così banale?! Mettermi a litigare in quel modo per una questione così stupida…”.

Finalmente arriva la sera e posso prendermi un po’ di tempo per osservare quello che è successo e ragionarci su.

Quando inizio la mia osservazione mi rendo conto che poco prima dell’episodio con il barista era accaduto un altro fatto del tutto analogo.
Quando sono arrivata nei pressi del parrucchiere ho parcheggiato in un parcheggio a pagamento. Sono andata alla macchinetta per pagare e lì accanto su una sediolina tipo da campeggio c’era seduto un uomo sulla cinquantina, un po’ trasandato, sembrava un senzatetto, forse un parcheggiatore abusivo.

E accade questo:
Io inizio a inserire le monete, però faccio un errore, perché prima devo inserire un codice. Mentre sono lì che armeggio lui si avvicina, molto gentile e comincia a dirmi tutti i passaggi che devo fare. Per coprire la tariffa inserisco tutte le monete che ho. Vorrei prolungare la sosta ancora di un po’, ma non ho più monete.
Stampo il bigliettino, ringrazio il signore e a quel punto lui sorridendo mi porge il palmo della mano e mi dice “Signora, per un caffé…”. Io non ho più monete e non mi sento di dargli 20 euro, dunque gli dico “Mi dispiace… non ho più moneta…”. Lui si fa serio, mi guarda fisso e mi ripete “Signora, per un caffé!”. Io gli mostro il portamonete, che è praticamente vuoto e gli ripeto che sono dispiaciuta ma non ho monete per il suo caffé. Lui mi guarda arrabbiato. Io sono costernata. Lo saluto e me ne vado.

Dunque, nel giro di un’ora, due uomini mi chiedono di fare qualcosa per loro, qualcosa che io non posso fare. Nello specifico mi chiedono di dargli qualcosa che io non ho. Ce l’avevo, ma ora non ce l’ho più perché l’ho usata per me.

Quello che mi colpisce di me è che io vorrei dargli quello che mi chiedono, ma non posso. Proprio oggettivamente non posso.

Nonostante io sia cosciente del fatto che non posso, io mi sento dispiaciuta, costernata, in colpa. Mi rendo conto, razionalmente, che non ha senso che io mi senta in colpa e in obbligo verso questi due, eppure mi ci sento!

E ora mi rendo conto che ha ragione il barista a dirmi “Non le ho detto che è colpa sua!”. E’ vero, non l’ha detto lui, l’ho detto io. E se osservo la situazione dall’esterno, ora, mi sembra talmente assurdo che io mi sia sentita in colpa e che abbia cercato di discolparmi, di scusarmi, di fargli capire che “Non è che non voglio, è che non posso…”.

Voglio che mi capiscano, che non siano arrabbiati con me. Sto cercando di manipolarli. A questo punto mi domando: su cosa si fonda il mio senso di colpa?

Ve ne parlo nella seconda parte…