Skip to main content

Che domanda, questa… Come si fa ad accettare la morte? Come si fa ad accettare che qualcuno non ci sia più?
C’è poco da fare considerazioni, qui. La morte è la morte. Qualcuno ci ha lasciati, è così.
Possiamo pensare che è ingiusto, possiamo sentirci tristi, arrabbiati, disperati… però niente di tutto questo può cambiare il dato di fatto.

Non è questione di non accettare o di come fare per accettare. La realtà è dirompente. Qualcuno c’era e ora non c’è più.
Dobbiamo accettare. Dobbiamo prendere atto.

Però qualcosa che possiamo fare c’è ed è domandarci come vogliamo “vivere” la morte. Suona paradossale, però chi resta è a questa domanda che deve trovare risposta.
Che senso voglio e posso dare alla mia perdita?
Che senso voglio dare alla morte?

Morte e nascita sono le due polarità lungo l’asse dell’esistenza, della vita stessa.
Dunque sono vita, entrambe, anche la morte. Anche la conclusione della vita è vita.
Per poter accettare la morte bisogna ch’io accetti la vita, in tutti i suoi aspetti, in tutti i suoi lati, in tutte le sue connotazioni, nel positivo e nel negativo, nel bene e nel male.

Per accettare la morte devo accettare la vita.

La vita così com’è, a volte breve, a volte ingiusta, a volte crudele, molte volte non come voglio io. La vita per quello che è. Qualcosa che va al di là di me, pur comprendendo me.

Nel suo libro “Paura di vivere”, Alexander Lowen scrive “Vivere pienamente è rischiare di morire”. Possiamo dare un senso alla morte e al dolore per chi ci ha lasciati solo dando senso e valore alla vita di chi resta, dunque alla nostra vita. Vivere pienamente e intensamente, vivere la vita che vogliamo veramente vivere è un onore e un dono. E’ anche una grande responsabilità. Per noi stessi e per gli altri.
Mostriamocene degni.

“Muoio sereno.
Mi sento una piccolissima parte di un tutto, che è l’universo.”

Fosco Maraini
antropologo e scrittore (1912-2004)