Vi capita mai di giustificare una vostra azione o una vostra affermazione dicendo “L’ho fatto per quieto vivere…”? Nel mio lavoro mi capita di sentirlo dire con una certa frequenza.
Le persone mi dicono “Il mio collega ha fatto questo o quello… mio marito/mia moglie ha detto questo e quest’altro! Non è giusto! Non è vero!”.
Io gli dico “E tu hai detto che non era vero, o che non era andata così? Lo hai fatto presente?”. Al che la persona, con un’aria un po’ mortificata, dice “No…” E io chiedo “Perché no?” “Eh… lo so… avrei dovuto farlo ma… per quieto vivere sono stato zitto… ho lasciato perdere…”.
Per quieto vivere è come il fiammifero che accende la miccia e fa esplodere la bomba. Rendiamoci conto che, per quieto vivere fuori, dentro di noi scoppia un tumulto.
Ma… se i problemi sono opportunità di crescita, allora in una situazione come questa possiamo rilevare parecchie cose utili e interessanti.
La prima cosa interessante
La prima cosa interessante che possiamo notare è che, in questo genere di situazioni, noi ci rendiamo conto che c’è qualcosa che non va. Ci rendiamo conto che sta succedendo qualcosa di storto o comunque qualcosa che a noi non sta bene.
Dunque, la prima cosa interessante che rileviamo è che noi siamo consapevoli di come ci sentiamo e anche di quello che vogliamo e di quello che non vogliamo.
Questo non è scontato. Spesso le persone pensano di non sapere come si sentono, di cosa le fa sentire in un certo modo e di quello che vogliono o non vogliono. Dunque qui c’è un buon livello di consapevolezza.
Questo è importante perché il presupposto fondamentale per affrontare un problema è esserne consapevoli.
La seconda cosa interessante
La seconda cosa interessante è che sappiamo che cosa dovremmo fare per rimettere in sesto la situazione e soprattutto per cambiare come ci sentiamo.
Anche queso non è affatto scontato. Spesso le persone pensano di non sapere che cosa bisogna fare. Invece qui lo sappiamo.
La terza e la più importante
La terza e la più importante: a questo punto quello che ci succede è che ci spaventa fare quello che sappiamo che va fatto.
E’ in queste occasioni che la consapevolezza sembra diventare un’arma contro di noi, poichè fa aumentare il conflitto che è dentro di noi.
Perchè finchè non lo sappiamo, non ce ne rendiamo conto… ma quando lo sappiamo…
C’é una storia. Immaginiamo una persona che vive in una città dove l’acqua è inquinata. Dai rubinetti della sua casa esce acqua inquinata, ma lei non lo sa.
Beve e usa l’acqua normalmente ed è del tutto ignara dei batteri che sono al suo interno. Quello che le succede è di avere spesso mal di pancia, mal di testa, a volte dissenteria… ma non ne conosce la causa.
Un giorno, leggendo i giornali, scopre che l’acqua è inquinata! Le autorità raccomandano di non berla perché è dannosa per la salute.
“Ecco perché avevo questi sintomi!” si dice. “Certamente ora non ne berrò più”.
Accade un giorno che ha finito l’acqua minerale, i negozi sono chiusi, ha molta sete, non c’è altro da bere… Se vuole dissetarsi, l’unica cosa che può fare è bere l’acqua dal rubinetto. Ma lei adesso sa che l’acqua è inquinata.
Secondo voi, se ora la beve, le farà più male o meno male di quando la beveva senza sapere che era inquinata? Gliene farà di più.
Perché la consapevolezza che ha acquisito aumenterà il rifiuto, il disgusto e i sintomi. Bere sapendo ciò che stiamo bevendo è diverso dal bere senza saperlo…
Agire senza sendermi conto di ciò che sto facendo è diverso dall’agire rendendomi conto di ciò che sto facendo.
Quando, nonostante la consapevolezza, per un motivo o per un altro continuiamo a comportarci come al solito, sarà peggio. Sarà più doloroso, più faticoso, più frustrante…
I sintomi si acuiranno. Le spie lampeggeranno. L’allarme suonerà più forte.
Sappiamo che stiamo andando contro noi stessi e, ciò nonostante, ci andiamo. Ecco perché c’è così tanta amarezza c’è nel quieto vivere, tanta rassegnazione…
Poco a poco, un passo alla volta, abbiamo bisogno di cominciare a interrogarci su che cos’è veramente importante per noi, se la quiete degli altri o la nostra.
Su qual’è il conflitto da temere veramente. Quale va affrontato e quale invece va evitato.
Su qual’è il confronto che ci farà evolvere e quale invece quello che ci farà piegare su noi stessi.
Abbiamo bisogno di chiederci nuovamente e davvero che cos’è la pace, la vera pace.
Che certo non può essere rassegnazione, non può essere mandare giù il rospo, ma si deve fondare sull’iniziare ad essere onesti, con noi stessi prima di tutto e con gli altri.
Pace è pattuire, fare un patto. Un patto con noi stessi, per incominciare.