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Eravamo rimasti a una frase che ho letto tempo fa e che da allora mi è rimasta impressa:

“Un sintomo affronta il problema al posto tuo”.

“Sento che tutto questo superlavoro per organizzare il Natale o le vacanze è troppo o non è quello che voglio veramente fare, ma non mi fermo, non cambio idea, non modifico i piani”. A quel punto interviene l’organismo, con un sintomo (un’influenza, un po’ di febbre, qualche dolore) a dire “Adesso basta, bisogna recuperare le forze”.

La malattia non è contro di noi, al contrario. Ma non è riposo, è lavoro.

L’organismo affronta virus e batteri, lotta contro agenti patogeni vari, recupera traumi… Lavora davvero alla grande! Nel mentre, noi ci arrabbiamo e ci sentiamo sfortunati “Proprio adesso che sono in vacanza e potevo fare questo, quello e quell’altro!” o “Proprio adesso che ho quel lavoro così importante da affrontare..!”.

Non è né una punizione, né sfortuna.

E’ che abbiamo bisogno di cambiare qualcosa PRIMA.

Abbiamo bisogno di imparare a rispettarci di più, a sostenere la pressione che sentiamo attorno a noi tenendo conto di noi stessi, di quanto siamo in grado di reggere e vogliamo reggere.
Abbiamo tutti dei limiti e avere limiti non è sbagliato. Certo, possiamo lavorare per superarli e migliorarci, ma non possiamo ignorarli e fare come se non ci fossero.

Quando forziamo e ci sforziamo, automaticamente entriamo in lotta con noi stessi e la lotta comporta sempre tensione. Che dovrà poi essere smaltita.

Se penso a me, che vado alla conferenza con la febbre, ora mi dico “Ma perché… a che scopo..?”. Che occasione avevo paura di perdere?! Che cosa dovevo dimostrare?”.

Mi sento beffeggiata dal mio collega, ma in realtà, quello che lui fa è mettermi davanti alla mia incoerenza: non mi sento bene, ma penso che non posso stare a casa a riposare e vado alla conferenza.

Il mio senso di responsabilità, il mio senso del dovere e anche il mio senso di colpa mi impongono di andare. Ma la responsabilità e il dovere verso me stessa dove sono?
Se dico ai miei pazienti di rispettarsi e di avere cura di sé stessi, che esempio sto dando quando vado al lavoro ammalata?!

Il mio collega mi fa da specchio, incoerente tanto quanto me: dicendomi “Beata lei” mostra invidia nei miei confronti. Se mi invidia deve sentire, anche lui, che preferirebbe starsene da qualche altra parte a riposare o a farsi i fatti suoi. E invece è alla conferenza anche lui.
Vorrebbe riposare ma non se lo concede.

Siamo l’uno lo specchio dell’altro.

La mente è piena di paure. Di credenze, di giudizi, di preconcetti. “Non ti puoi fermare” mi ripete tutto il tempo. Il corpo la vede diversamente: lui sì che sa quanto importanti sono le pause!
Inspirare e poi espirare, mangiare e poi digerire, stare svegli e poi dormire, camminare e poi sedersi…

Dopo che ho espirato, allora posso inspirare di nuovo. Dopo aver digerito, allora posso mangiare di nuovo. Dopo aver dormito, allora posso alzarmi.
Senza il riposo, senza la pausa, non può esserci una buona attività.

Se penso a me, in quell’occasione, mi domando come sarà stato il mio intervento, fatto da una con la febbre…

Se la mente pensa pensieri di paura, proviamo ad ascoltare e a dare credito a come ci sentiamo. Proviamo ad avere fiducia in quello che sentiamo. Proviamo a far collaborare la mente con il corpo.

Potremmo scoprire che possiamo avere pensieri nuovi, di fiducia, pensieri intelligenti, rispettosi di noi stessi, del nostro lavoro e degli altri. Senza forzarci.

Perché sforzarsi e lottare non sono gli unici modi di vivere. Ci sono anche il rispettarsi e il trattarsi bene.