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Dalle mie parti, quando ero bambina, c’era un detto “Nel letto si sta bene quando si è in salute!”.

Succedeva che un familiare, che si metteva a letto malato, si sentisse dire da chi malato non era “Sei fortunato tu… tu sì che ti puoi riposare!”. Al che la persona, piccata, rispondeva “Nel letto si sta bene quando si è in salute!”.

Parecchi anni fa ero stata invitata a tenere un intervento durante una conferenza. La mattina del giorno prestabilito mi svegliai con la febbre, ma decisi comunque di andare.
Arrivata alla conferenza avvertii gli organizzatori che non mi sentivo bene e che mi sarei fermata unicamente il tempo del mio intervento. Così fu. Mentre stavo salutando uno degli organizzatori accadde che uno degli altri relatori, che era lì con noi, capendo la situazione mi guardò e disse “Lei è malata… BEATA LEI!”.

Io lo guardai perplessa ma non dissi nulla. Fu come tornare di colpo alla mia infanzia.
“Beata te che sei malata! Tu sì che puoi riposare! Io invece devo continuare a stare qui e a lavorare…!”

Ci sono alcune idee interessanti sottostanti a questo ragionamento: “Bisogna lavorare sempre”, “Non ci si può riposare”, “Riposare (volontariamente) è sbagliato, non va bene”, “Il riposo è un lusso”, fra le altre.

Abbiamo un giudizio negativo del riposo. Tutti ne abbiamo bisogno, tutti lo desideriamo, tutti lo reclamiamo, però… non ce lo concediamo.

Temiamo di essere giudicati pigri, svogliati, irresponsabili. Oppure abbiamo paura che, se ci fermiamo, poi non vorremo più tornare alle nostre attività. O ancora, pensiamo che non ci possiamo fermare, che bisogna andare avanti e lottare, sempre e comunque e che senza di noi il lavoro, la casa e la famiglia andrebbero in rovina.

Siamo pieni di pregiudizi e di paure.

Per come la vedo io, la malattia è una protesta del corpo. Mette uno stop alle attività quotidiane e ci indica che abbiamo bisogno di riposo, di rallentare, di fare qualcosa di diverso o in modo diverso.
Non è riposo in sé. Ma ha bisogno di riposo per regredire.

Potremmo dire che la malattia è riposo forzato.
Ma, se la malattia è riposo forzato, allora ci dobbiamo essere sforzati già prima, perché il nostro organismo reagisca imponendo uno stop.

Proviamo a pensare ai periodi che precedono le vacanze (di Natale, o estive, ad esempio): credo che molti di noi concorderanno sul fatto che sono periodi in cui si accumula più stress e ci si stanca a volte anche parecchio.

Ci si prepara per le vacanze, si organizzano le attività delle giornate e delle settimane a venire, forse un viaggio, si organizzano incontri con amici e parenti, pranzi, cene e inoltre spesso si lavora di più perché poi per un po’ di giorni non si lavorerà…

Per poter riposare dopo, si lavora di più prima. E può essere che fra tutte queste attività ce ne siano anche alcune che non ci sono gradite, ma dalle quali non sappiamo o non vogliamo sottrarci.

La nostra mente ci dice che è giusto così, che si fa così, che non si può fare diversamente, che ci riposeremo dopo… ma l’organismo non la pensa così.
Quando è troppo, è troppo e si ferma. Non ragiona, non razionalizza, non giustifica. Semplicemente, quando è troppo si ferma o rallenta.

Non è una punizione, è una conseguenza. Una volta ho letto una frase che da allora mi è rimasta impressa

“Un sintomo affronta il problema al posto tuo”.

Ma in che modo?
Lo vedremo nella seconda parte dell’articolo. Vi aspetto per continuare a ragionare insieme. A presto!