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Molte persone vivono a contatto con la violenza.
Hanno relazioni con persone violente verbalmente, a volte anche fisicamente. Non solo non chiudono queste relazioni, non solo non riconoscono la violenza, ma la giustificano e si sentono, loro, sbagliate.

Riconoscere la violenza è tutto un tema.
Ed è la chiave della questione.

Quando osserviamo una situazione dall’esterno è più facile rendersi conto che c’è un problema di violenza. Ma dall’interno… dall’interno è un altro paio di maniche.
Perchè la violenza è una mentalità. Un modo di pensare, un atteggiamento, un ambiente

Questo diventa più evidente quando parliamo di violenza psicologica (o emotiva).
La violenza fisica in qualche modo si manifesta più chiaramente. Anche se anche in questo ambito può capitare che non sempre, non tutti siamo d’accordo… Però diciamo che la violenza fisica si vede e si tocca e se ne vedono i segni e le conseguenze.

La violenza psicologica, invece, spesso si traveste sotto forma di bene.

Sembra bene, ma in realtà è una minaccia, un ricatto, una pressione, un sacrificio che reclama il contraccambio. Ed è questo che è difficile: toglierle il travestimento, tirare via la maschera. Guardarla in faccia per quello che è. Perchè è così difficile?

Aggressore e aggredito condividono una mentalità e fra di loro vige un tacito accordo: è normale che sia così.

Normale non vuol dire che va bene. Vuol dire che è la norma. Che si fa così. Impariamo a chiamare le minacce bene; i ricatti emotivi, bene; il sacrificio, altruismo.
Ma nessuna di queste cose è bene o affetto.

“Lo faccio per il tuo bene” in realtà dice “Io lo faccio, anche se tu non vuoi, perchè io voglio così”.

“Ti tiro uno scappellotto, così ti rinforzi!” in realtà è “Non sopporto che fai quello che vuoi!”.

“Dopo tutto quello che ho fatto per te, così mi ripaghi!” in realtà dice “Ho fatto tutto quello che ho fatto a condizione che tu poi facessi quello che voglio io”.

“Sei tu che mi hai provocato! Sei tu che hai iniziato!” in realtà sta dicendo “Io non sono responsabile delle mie azioni. Tu sei responsabile delle mie azioni nei tuoi confronti”.

Abbiamo imparato a chiamare il sacrificio amore, i ricatti amore, le minacce amore.
Ma nessuna di queste cose è amore. Tutte queste cose sono violenza e abbiamo bisogno di cominciare ad aprire gli occhi e a dire:

“Adesso basta!”

Abbiamo il terrore di rimanere da soli. E in nome di ciò accettiamo di stare in relazioni tossiche e violente, con persone a cui di noi non importa nulla. Persone che sono delle vere egoiste.

Ma è proprio qui che siamo soli. L’amore, il bene, qui, sono un’illusione!

L’amore e il bene sono quelli che dimostriamo a noi stessi quando smettiamo di accettare di essere come gli altri hanno bisogno e vogliono che noi siamo; quando smettiamo di sentirci responsabili degli altri e cominciamo a prendere in mano la responsabilità della nostra vita (che è l’unica responsabilità che ci compete e di cui ci possiamo far carico); quando smettiamo di giustificare i comportamenti degli altri e di nasconderci dietro i loro limiti.

Nemmeno il comportamento di chi subisce, infatti, è amore. Amore non è giustificare l’altro. Quando giustifichiamo il comportamento dell’altro lo stiamo deresponsabilizzando. Gli stiamo dicendo “Continua pure così, tanto ci sono io ad aggiustare le cose”. Stiamo trattando l’altro come chi non ha le capacità o le possibilità di crescere.

Ma tutti noi abbiamo la possibiltà di crescere!

Farlo o non farlo dipende da una scelta. Ma la possibilità non manca a nessuno. E se nonostante la possibilità la persona sceglie di non crescere allora lo dobbiamo rispettare.
Rispettare, non giustificare. E dunque, ritenere di andarcene se la situazione è compromettente per noi.

Siamo così preoccupati di non essere amati dagli altri che non ci rendiamo conto che l’unico amore di cui abbiamo bisogno veramente è il nostro. Un amore fatto di rispetto, di libertà, di coerenza, di coscienza di sè. Che comincia col dire a sè stessi

“Adesso basta. Questo non è amore. Non sono tenuto a sopportare questo”.