In questo “Sassolino” vi parlo di un episodio a cui ho assistito qualche mese fa e che, pur non avendomi riguardata in prima persona, mi ha toccata e fatto riflettere.
A volte mi succede di assistere a situazioni di cui sono unicamente spettatrice e, ciò nonostante, di sentire che mi riguardano. Per esperienza so che che se vengo agganciata, dentro di me ci dev’essere un gancio. Se una scena mi cattura evidentemente deve avere a che fare con me, seppure in maniera indiretta e mi sta invitando al cambiamento.
Ecco che cosa è successo
Sono in treno e sto viaggiando per rientrare a casa. E’ il tardo pomeriggio, prima serata. Il treno è a due piani, senza scompartimenti, un corpo unico, dalla testa alla coda. Io sono in coda, seduta nella prima fila, dal lato del corridoio. Ho lo spazio per allungare le gambe e ho anche il sedile vicino al mio libero, così ci ho appoggiato le borse e la giacca. Sono comoda. Il treno è abbastanza pieno, ma non pienissimo.
Su questo treno ci sono due toilettes: una in testa e una in coda. Davanti a me, oltre le mie gambe e i miei piedi, c’è una toilette. Il treno è da poco ripartito dalla stazione dove sono salita e un uomo, sulla quarantina, si dirige verso il bagno.
Ma… la toilette è guasta. Non vedo bene da dove sono seduta, ma credo ci sia un avviso sulla porta o forse c’è una luce rossa che indica che è fuori uso. L’uomo, fermo davanti alla porta, impreca. Torna indietro, verso dov’era seduto, parla con qualcuno, probabilmente qualcuno che sta viaggiando con lui e continua ad imprecare. Il tono è arrabbiato, ma ancora basso. Impreca tra i denti.
Torna nuovamente davanti alla toilette, prova ad aprire la porta, che non si apre e a quel punto si mette a bestemmiare, i toni salgono, le parole diventano più pesanti e seguono anche calci alla porta. Torna di nuovo dov’era seduto e poi di nuovo ripassa davanti alla toilette, continuando a sbraitare, bestemmiare, gridare insulti.
Prosegue verso la testa del treno, presumibilmente verso l’altro bagno, con questa scia di bestemmie che lo segue. Io tiro un sospiro di sollievo.
Mi agita molto sentir bestemmiare. Passata l’agitazione, arriva il giudizio “Che modo di comportarsi…!! Certo, dev’essere un po’ matto per comportarsi così… per una toilette fuori uso… e poi che bisogno c’è di bestemmiare? Che c’entra Dio in tutto questo..?!”.
Come mi viene facile giudicare e spiegare il comportamento di quest’uomo pensando “Dev’essere fuori di testa”…. E’ vero che non si presenta bene. Oltre al modo di comportarsi, appare malvestito e un po’ sporco. Sembra anche molto stanco e “tirato”.
“Non è certo una persona normale! Una persona normale non si comporterebbe mai così. Davanti agli altri.” Ma… e quando gli altri non vedono?
Cosa fa quest’uomo? E’ su un treno, ha bisogno di andare al bagno, trova la toilette fuori uso, si mette a imprecare e tirare calci contro la porta; infine va a cercare un altro bagno. Certo, è su un treno, ha una necessità fisiologica e non può scendere.
Ma perché si arrabbia così?
In fondo c’è un’altra toilette sul treno e sembra che quella funzioni, dato che non torna indietro. Se funziona, qual’è il problema? Che deve attraversare tutto il treno per raggiungerla? Che ha pagato il biglietto ma il servizio non è all’altezza?
Apparentemente non c’è problema. C’è un disagio, un disservizio, ma sembra anche essere limitato. Dunque, perché si arrabbia così? E poi, arrabbiandosi così, che ottiene? Il bagno non riprende a funzionare, la porta non si apre perché lui la prende a calci.
Com’è irrazionale tutto questo…
E com’è umano…
Siccome la sua rabbia e la sua violenza mi agitano così tanto, è dentro di me che devo indagare.Penso a situazioni in cui non c’è nessun problema grave, eppure anch’io mi arrabbio. A volte mi arrabbio proprio tanto. Quando il mio pc non funziona e non capisco perché non funziona e ho bisogno che funzioni… Mi viene voglia di dargli una botta!! Lo sgrido “E su! Avviati, insomma!”
E’ vero che mi trattengo dal dargliela, una botta, perché so che si romperebbe. Ed è anche vero che non vorrei farmi vedere da nessuno mentre ho questi scatti di rabbia. Mi vergognerei. Però… la rabbia la sento. MI SENTO come l’uomo del treno! La mia razionalità, la mia educazione, la mia maschera sociale non mi fanno sbottare del tutto. Però anch’io provo quello che prova lui. Non è che non sento rabbia, non è che non mi viene da dare un colpo al pc: è che ho imparato che non si fa. E’ sbagliato, è da fuori di testa, è irresponsabile, è violento, è vietato.
I bambini a volte si arrabbiano tanto e quando si arrabbiano, si arrabbiano. Non giudicano quello che sentono. Si mettono a gridare, a tirare calci, a piangere pieni di stizza. Non gli importa nulla che gli altri li vedano o li sentano in quello stato. Gli adulti dicono “E’ un bambino…” come ha dire “Lo può fare… non capisce…”, però poi aggiungono “Deve imparare!”.
Certo, deve imparare. Ma imparare cosa? Nel corso della mia formazione ho fatto molto lavoro su come esprimere la rabbia. Esistono esercizi e tecniche specifiche per esprimere la rabbia in totale sicurezza, senza fare male né a sé stessi, né agli altri.
Quando praticavo questi esercizi e scaricavo la rabbia colpendo un materasso, questo mi dava una sensazione di benessere al momento, ma dopo un’ora o un giorno o una settimana, se non avevo elaborato la questione che la originava, ritornavo al punto di partenza. Certo, piuttosto che colpire una persona o la porta di un bagno pubblico, colpire un materasso è senz’altro meglio! Ci sono momenti in cui è necessario sfogare la pressione, ed esistono modi per farlo in sicurezza. Ma è per così dire, un trattamento sintomatico. È come prendere una pastiglia quando si ha mal di testa. È utile, è necessario, va bene. Ma se ho mal di testa tutti i giorni devo fare qualcosa di diverso dal prendere una pastiglia. Hobisogno di scoprire che cosa mi provoca il mal di testa.
Certamente la rabbia di quest’uomo è un eccesso. E’ sproporzionata rispetto all’evento in sé. Inoltre lui passa all’atto quando colpisce la porta. Siamo d’accordo nel dire che è violento e non va bene. Ma se ci limitiamo a dire questo, siamo come il genitore che dice al bambino “Devi imparare a
comportarti bene!” ma poi non glielo insegna, cioè non glielo mostra!
O come me, quando penso “Questo è matto! Che modo di comportarsi!”. Lo giudico, penso che meriti una sanzione o una punizione. Però io, davanti al mio pc, faccio la stessa cosa che fa lui!Il bambino vive con un genitore che, quando è arrabbiato e tira un calcio, gli dice “Non si fa! Comportati bene!”. Poi, però, il bambino assiste a un litigio fra i genitori in cui volano parole forti, i toni sono arrabbiati, si sbattono le porte.
Questa è una contraddizione: il genitore chiede al bambino di fare qualcosa che lui per primo non fa e non la fa perché… non ha imparato a farla, non gli è stato insegnato a farla. La rabbia, la violenza vengono represse, sanzionate, punite. Non comprese.
Non sto dicendo che non debbano essere contenute! Sto dicendo che questa risposta non risolve il problema alla radice. Il problema è che in me, in quest’uomo e in chissà quante altre persone c’è un carico di rabbia che spinge per uscire.
Io non credo che la rabbia di quest’uomo sia dovuta al bagno fuori uso. Io credo che la sua rabbia accumulata esplode davanti al bagno fuori uso! Arriva davanti alla porta del bagno con il carico della giornata, della settimana e magari anche di una vita, vuole entrare per scaricare (!) e nemmeno lì può. Nemmeno i suoi bisogni fisiologici può scaricare.
Non si tratta di scaricare la rabbia. Non si tratta di agirla.
Si tratta di comprenderla. Per imparare ad affrontare le situazioni che ce la provocano nel modo in cui è necessario affrontarle. Per poterla integrare. Magari penserete “Bella scoperta!”. Però è così. Se il computer non si accende, devo cercare di capire perché non si accende. E se non trovo da sola il problema, lo devo portare da un tecnico che lo sistemi. Non c’è un altro modo.
Se la toilette è fuori uso e chiusa, devo andare fino all’altro capo del treno sperando che quell’altra funzioni. E se non funziona… non funziona! O scendo alla prima fermata o me la tengo!
Che altro possiamo fare?
Al di sotto della rabbia e della violenza ci sono sentimenti di debolezza, d’impotenza, di frustrazione, di paura. Imparare a tollerare e sostenere questi sentimenti è l’obiettivo. Una persona emotivamente matura è quella che è in grado di sostenere questi sentimenti. E’ in grado di sopportare di sentirsi triste, sola, a volte spaventata o impotente, decidendo comunque di impegnarsi per affrontare al suo meglio le infinite piccole e grandi prove che ogni giorno la vita ci mette davanti.
La rabbia non è male. E’ energia. E’ forza. Sta a noi decidere in che modo e a che scopo utilizzarla.