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Lo scorso sabato mattina, come ogni sabato mattina, sono andata a fare la spesa. Normalmente esco verso le 9, quel giorno invece sono uscita verso le 11.

Appena entrata nel negozio, la titolare, che mi conosce, mi dice “Ah, sei in ritardo oggi!”.

Io sento uno stress.
Abbozzo qualcosa come “Ah… eh… già…”. Mentre faccio la spesa comincio a provare un fastidio, un malessere… un misto di rabbia, irritazione, senso di colpa… Quando ritorno a casa decido di ripensare a quello che è successo e a che cosa mi abbia punta così nel vivo.

Mi rendo conto che quello che ha scatenato il mio malessere (l’impatto) é stata la parola “ritardo”.
In effetti mi sentivo in ritardo ad andare a fare la spesa alle 11 anziché alle 9.
La negoziante aveva messo il dito sulla piaga.

Allora ho riflettuto sulla parola “ritardo”

Si è in ritardo rispetto a un limite prestabilito: rispetto a un appuntamento, a un orario di chiusura, a un termine. Inoltre, il ritardo reca in sé una connotazione negativa: le persone che arrivano in ritardo generalmente non sono molto apprezzate, non vengono considerate affidabili.

Ragionando, mi sono resa conto che qui non c’era nessuna condizione che configurasse un ritardo. Io non sono andata a fare la spesa in ritardo, non sono arrivata tardi rispetto a qualcosa. Sono uscita alle 11 anziché alle 9. Quello che ho fatto è stato uscire più tardi del solito.

Ho dato la precedenza ad altri impegni e ho posticipato la spesa. Aver rimodulato la mia mattina secondo un mio criterio, in modo da venire incontro alle mie esigenze, mi ha fatto sentire in ritardo rispetto alla spesa.

Ma il mio spostare la spesa dalle 9 alle 11 non ha determinato ritardi nella mia organizzazione, io non sono arrivata tardi poi a fare qualcos’altro. Allora mi sono posta un’altra domanda:

Perché io vado a fare la spesa sempre di sabato alle 9?

Se provo a rispondere a questa domanda, non ci riesco! Davvero, non lo so! Potrei dire che così poi ho la giornata libera, ma se fosse questo il motivo non mi sentirei in colpa per essermi occupata prima di altri impegni ed essere andata a fare la spesa dopo. Davvero non ho una risposta. Non solo non ce l’ho, ma proprio non c’è.


Perché il mio andare sempre nello stesso giorno e sempre nello stesso orario non si fonda su un motivo concreto, su qualcosa di oggettivo, ma su quella che possiamo definire una credenza, un preconcetto:
il sabato mattina è il momento migliore per fare la spesa. Ma migliore per cosa? O per chi?
E’ meglio perché c’è meno gente. Dipende. D’estate, quando fa molto caldo, c’è più gente al mattino presto che a mezzogiorno.

Oppure, è meglio per mio marito, che così poi è libero e va per i fatti suoi. Ma per me, che mi piacerebbe dormire un po’ di più al sabato mattina, è peggio.

Vedete che ciò che potrebbe essere meglio in determinate condizioni, non lo è più in altre.

Una credenza ha la caratteristica di non venire messa in discussione mai, diventa “un dogma”, un assunto intoccabile. La spesa è meglio farla al sabato mattina presto. Punto.
Assume che una data cosa è “giusta” o è “migliore”, ma quando andiamo a cercare una motivazione oggettiva a questa affermazione non la troviamo.

Quando proviamo a metterla in discussione e a cambiare qualcosa, o ci sentiamo in difetto anche se non c’è nessun motivo reale per cui sentirsi in difetto o arriva la reazione dell’altra persona “Insomma, è meglio così, è così e basta, è così perché si fa così! E poi io mi trovo bene così!”.

Dunque il mio andare a fare la spesa al sabato mattina in quell’orario si fonda su una credenza: la spesa è meglio farla in quel giorno e in quell’orario.

Se invece noi ragioniamo fuori dai preconcetti e dalle credenze e ci chiediamo “Quand’è che si va a fare la spesa?” allora la risposta é facile da trovare ed è anche molto intuitiva:
quando ce n’è bisogno e quando si può!

Vado a fare la spesa quando finiscono le cose da mangiare e quando riesco ad organizzarmi in base ai miei impegni. Quindi se io dal lunedì al venerdì lavoro e non ho tempo libero mi organizzo per andare al sabato mattina. Questo adesso ha una motivazione oggettiva.

Mentre precedentemente non ce l’aveva. E dunque vado al sabato mattina alle 9 anche se non c’é un motivo concreto per farlo. Se non lo faccio ecco che mi sento in difetto, anche se non so perché e magari mi rendo anche conto che non c’è un perché eppure non riesco a smettere di sentirmi in difetto! Ed ecco che arriva la negoziante che evidentemente condivide questa credenza, nota che io sono uscita dalla “cornice” e siccome la cornice è “giusta” ecco che me lo fa notare.

Dopo aver osservato tutto questo mi sono detta

“Pensa come sarebbe stato diverso se io avessi risposto alla sua domanda semplicemente, senza tutti questi preconcetti e pregiudizi “.

Sarebbe bastato dirle “In ritardo per cosa?”. Quando ho trovata questa risposta mi sono rilassata, pacificata e il senso di fastidio si è sciolto all’istante. Questa è la mia risposta autentica, la risposta che mi sarebbe veramente piaciuto dare e che non mi sono permessa di dare.

Ma non é tutto..!

(Segue nella seconda parte)